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«Buongiorno tesoro.»

 

«Buongiorno mamma» la saluto, entrando in cucina il mattino seguente.

 

Oggi mi sento allegra e piena di energie. Non vedrò Gabriele, ma so che il suo amore mi accompagnerà in ogni istante della giornata. Lo farà tramite un messaggio o una telefonata inaspettata. E lo farà attraverso le dolci memorie dei pomeriggi trascorsi insieme, nelle quali potrò rifugiarmi ogni volta che ne sentirò il bisogno. Così questo giovedì di primavera si riempirà di luce.

 

Appoggio la testa sul tavolo e, a occhi aperti, comincio a fantasticare su di noi. È la voce infuriata di Alex a risvegliarmi di soprassalto dalle mie fantasie. Sbircio in direzione del soggiorno e lo vedo agitarsi avanti e indietro con il telefono in mano.

 

«Che cos’ha tuo fratello? Sta litigando con Debora?» mi chiede mamma con un tono di voce preoccupato.

 

«Non ne ho idea… Da qui non riesco a sentire cosa dice.»

 

«Buongiorno a tutti» ci saluta Sara con gli occhi semichiusi, sedendo accanto a me. «Mi chiedo come faccia Vivian a essere sempre così pimpante di primo mattino. Ma ogni tanto dormi sorellina? Stanotte mi sono alzata per andare in bagno e la luce della tua camera era ancora accesa, stamattina mi alzo presto e tu sei già qui. Come fai ad avere tutte queste energie?»

 

«A che ora ti addormenti la sera?» si informa mamma, scura in volto.

 

«Perché t’impicci sempre degli affari suoi? Guarda che ha quindici anni, non cinque» si intromette Alex, entrando di slancio in cucina.

 

I suoi occhi scivolano nei miei e li fissano a lungo con dolce insistenza, facendomi arrossire.

 

«So benissimo che non ha più cinque anni, non c’è bisogno che me lo ricordi ogni volta» ribatte mamma, servendoci la colazione.

 

«Allora lasciala in pace una volta per tutte. Perché diavolo continui a chiederle a che ora si addormenta la sera? Io non ti capisco Elena» continua, sedendo a tavola e addentando un biscotto.

 

«Glielo chiedo perché non voglio che mia figlia abbia problemi a scuola per colpa di un ragazzo.»

 

«Quale ragazzo?» chiede Sara incuriosita. «Vivian ha il ragazzo?»

 

«Per favore… basta…» dico loro, sperando che mi diano retta.

 

«Credi forse di poterle imporre l’orario a cui si deve addormentare?» insiste ancora Alex.

 

«No di certo. Ma è anche vero che alla vostra età avete bisogno di regole, altrimenti finite per combinarla grossa.»

 

«A cosa alludi di preciso?»

 

«Prometto che andrò a letto presto la sera, ve lo giuro…!» urlo, intenzionata a porre fine a questa orribile diatriba che mi vede indiscussa protagonista.

 

«Alludo alle sciocchezze» continua mamma, ignorando del tutto le mie suppliche. «Voi adolescenti siete noti per la vostra capacità di commettere stupidate, tipo trascurare gli studi per stare dietro a un ragazzo o a una ragazza.»

 

«Senti da chi viene la predica. Parli proprio tu che a diciassette anni eri già incinta di me.»

 

Stringo il braccio di Alex incenerendolo con una sola occhiata, ma lui non mi dà retta e continua imperterrito la sua bagarre.

 

«Io e tuo padre eravamo molto innamorati, infatti ci siamo sposati e abbiamo messo al mondo due figli. Ma non va sempre così, non succede sempre ciò che è capitato a noi.»

 

«Vuoi forse dire che nessun altro al mondo potrà avere la vostra stessa fortuna?»

 

«Dico solo che è molto difficile a diciassette anni.»

 

«Bah. Pensala come credi, basta che la smetti di controllarla.»

 

«Questa sì che è una notizia, hai il fidanzato!» esclama Sara d’un tratto, scoppiando a ridere.

 

«Non ti ci mettere anche tu, per favore» borbotto, sentendo le mie guance avvampare.

 

«Era ora che ti decidessi a trovartene uno. Allora, com’è stato il tuo primo bacio? Ti è piaciuto? E lui come bacia?»

 

Mi accorgo che Alex mi sta fissando assorto.

 

«Perché fai queste domande stupide, ti sembra il caso?» la ammonisce nostra madre, correndo in mio aiuto.

 

Dribblo le curiosità di mia sorella e sparisco dalla cucina in un battibaleno. Poi mi chiudo in camera mia e aspetto con ansia il momento di fuggire a scuola.

 

Le giornate a venire trascorrono serene. I miei compagni di classe sembrano aver dimenticato l’episodio di me e Gabriele, forse perché gli incalzanti test di greco e latino hanno tenuto loro la testa impegnata. Nonostante le preoccupazioni di mamma e le mie visite periodiche a Colle Alto sono riuscita a prepararmi al meglio in ogni materia. Sono soddisfatta dei risultati ottenuti e così, appena uscita da scuola un pomeriggio di fine marzo, decido di inviare un messaggio a Gabriele:

 

 

 

I compiti in classe sono

 

andati benissimo, che ne

 

diresti di premiare la mia

 

bravura con una bella

 

passeggiata in riva al mare?

 

 

 

Trascorro il pomeriggio a fissare inebetita il display del telefonino, chiedendomi il motivo per cui il mio ragazzo non trovi neppure un minuto di tempo per scrivere due parole in risposta al mio messaggio. Mentre scendo le scale con il volto impensierito mi assale un dubbio: e se avesse deciso di lasciarmi?

 

«Mangia tesoro. Non hai toccato cibo stasera. Che cosa ti succede?» mi chiede mamma a cena.

 

«Non ho molta fame» le spiego, senza guardarla in volto.

 

«Sarà l’amore sorellina» interviene Sara ridendo.

 

La sua allegria contagiosa riesce a strapparmi un sorriso; siamo tutte e tre a tavola, manca solo Alex. Anche stasera lui non è a casa. Ha ragione mamma quando dice che è inquieto o forse ha soltanto voglia di vivere in tutta libertà i suoi diciassette anni. La sua relazione con Debora continua da diverso tempo, trascorrono molte ore insieme e il loro rapporto si è ormai consolidato. Magari un giorno decideranno davvero di sposarsi. Rivolgo lo sguardo in direzione della finestra e sospiro. E io invece? Come finirà la mia storia con Gabriele? Proprio in questo istante il cellulare cinguetta l’arrivo di un suo messaggio:

 

 

 

Scusami se non ti ho

 

risposto prima, ma sono

 

stato impegnato tutto il

 

giorno con mio padre. Ho

 

tanta voglia di vederti.

 

 

 

Allora mi vuole ancora bene, penso, stringendo a me il telefono. Scrivo un messaggio di risposta chiedendogli di vederci l’indomani, ma il contenuto dell’sms che mi invia subito dopo fa precipitare gli angoli delle mie labbra verso il basso:

 

 

 

Domani ho un altro

 

impegno con mio padre.

 

Passo a prenderti a scuola

 

venerdì. Ciao Vivian. Ti

 

auguro di fare bellissimi

 

sogni.

 

 

 

Passo una notte insonne, agitandomi di continuo nel letto. È inutile cercare di dormire quando hai la testa affollata di mille pensieri… Balzo in piedi nervosa e scendo in giardino a prendere una boccata d’aria. Protetta dall’oscurità in cui è avvolta la campagna sollevo lo sguardo al cielo trapunto di stelle. Penso, rifletto, immagino. Mi pongo domande cui non so dare risposta, sperando di comprendere il motivo per cui ogni tanto Gabriele si isoli nel suo mondo dimenticandosi di me e di ciò che rappresento per lui. Un rumore improvviso di passi interrompe il mio momento di solitudine. Alex sta rientrando dalla sua serata e ora si è fermato accanto a me.

 

«È bello, vero?» domanda, fissando i suoi occhi nei miei.

 

«Che cosa?» gli chiedo stupidamente.

 

«Il cielo. Stanotte è bello da togliere il fiato.»

 

«Sembra quasi un dipinto» dichiaro con il naso all’insù.

 

«Un giorno dominerò questo cielo, lo attraverserò con il mio caccia e sarà mio per sempre.»

 

«Te lo auguro con tutto il cuore» commento sincera, cercando di nuovo i suoi occhi.

 

Alex rivolge lo sguardo nel mio senza più parlare. Sento di volergli un bene immenso in questo momento. Mi piacerebbe poterglielo dire, ma alla fine preferisco tacere. A volte il silenzio può racchiudere significati che valgono più di mille parole.

 

Il fatidico venerdì del nostro appuntamento saluto Noemi e mi precipito correndo in cortile. Gabriele mi sta aspettando davanti all’ingresso con un bellissimo sorriso sul volto. Incontro i suoi occhi verdi illuminati da un raggio di sole e il cuore sale fino in gola.

 

«Non sai quanto ti ho pensato in questi giorni» mormora, accarezzandomi i capelli.

 

Mi stringo forte a lui. «Anch’io ti ho pensato sempre.» Avvolta nel suo abbraccio sento il suo cuore agitarsi contro il mio.

 

«Andiamo via subito, ho voglia di stare con te» dice infine, invitandomi a salire sull’auto guidata da Josè.

 

Gli siedo accanto e le sue braccia mi attirano al suo petto. Le sue labbra si uniscono alle mie in un bacio appassionato.

 

«Voglio portarti in un bel posto» mormora con un filo di voce. «A pochi chilometri da qui c’è un ristorante molto carino proprio sulla spiaggia.»

 

«Non vedo l’ora di essere là» lo guardo innamorata.

 

Josè mette in moto l’elegante Mercedes nera, un attimo dopo stiamo percorrendo la strada che costeggia il mare.

 

«Questo posto è davvero incantevole» esclamo una volta giunti a destinazione, affacciandomi alla terrazza a strapiombo su una scogliera. «Come hai fatto a scovare un ristorante tanto bello?»

 

«Lo sai che farei qualunque cosa per renderti felice. Sei bellissima Vivian. Non riesco a fare a meno di guardarti. Mi sei mancata da morire in questi giorni.»

 

«Anche tu mi sei mancato. Di notte non riuscivo nemmeno a dormire.»

 

«Siediti un attimo» dice, scostando la sedia dal tavolo. I suoi occhi penetrano i miei con uno sguardo intenso e vibrante, ma anche profondamente malinconico. «Devo dirti una cosa importante che mi riguarda.»

 

Sento il cuore accelerare i suoi battiti e per un lungo istante smetto quasi di respirare.

 

«Ti ascolto» mormoro, le labbra avvolte in un tremito.

 

«Purtroppo ho un problema abbastanza serio a un ginocchio e per un po’ di tempo dovrò restare a risposo.»

 

«Spero non sia niente di grave…»

 

«Non è niente di grave, si tratta solo di una fastidiosa infiammazione. Non sai quanto avrei voluto cavalcare con te in riva al mare, ma per il momento non mi è proprio possibile.»

 

Dice questo e le sue ciglia celano dietro di esse la luce ormai spenta dei suoi occhi.

 

«Non è un problema, ok?» lo rassicuro con enfasi, prendendogli la mano. «Io sto davvero bene quando sono con te e questo a dispetto di ciò che facciamo o dal luogo in cui ci troviamo. Per quanto mi riguarda potremmo anche stare tutto il giorno nel tuo giardino a prendere il sole.»

 

«Vivian io ti…»

 

La voce del cameriere che chiede le ordinazioni interrompe d’improvviso la nostra conversazione. Sui nostri volti si palesa una smorfia di amarezza perché quanto mi stava per dire era importante e dolce.

 

«Ci lasci ancora un attimo per decidere» gli dice Gabriele, senza smettere di fissarmi. «Allora, hai deciso cosa prendere?»

 

«No, sono in alto mare.»

 

«Vorrà dire che ordinerò un po’ di tutto» mi strizza l’occhio.

 

«Davvero vuoi ordinare tutto?»

 

«Perché no» ride.

 

«Ti costerà una fortuna allora…»

 

«Devo ringraziare Dio per avermi permesso di incontrarti e questo pranzo è il minimo che possa fare per mostrargli la mia riconoscenza.» I miei occhi stanno brillando e anche i suoi, ora. «Ascolta il mare Vivian. Senti il canto delle onde che si infrangono sugli scogli. Sembra quasi una musica, una poesia. Tutto il resto non conta, i soldi non contano. Tutto ciò che dobbiamo fare è festeggiare il nostro amore sperando che sia per sempre.»

 

Siamo lui e io, sospesi su una scogliera a strapiombo sul mare con il sole caldo di primavera e il vento che fa volteggiare i nostri capelli. Non avrei mai pensato di poter essere così felice e spensierata con un ragazzo. E non immaginavo che l’amore mi avrebbe regalato momenti tanto unici.

 

«Sarà per sempre» gli dico convinta, rivolgendogli un sorriso.

 

Subito dopo pranzo Gabriele propone di fare una passeggiata sulla spiaggia nonostante una coltre di nuvole basse e scure, apparse all’improvviso sulla linea dell’orizzonte, stia avanzando a gran velocità nella nostra direzione.

 

«Sbrighiamoci prima che venga a piovere» dice, stringendomi la mano.

 

«Speriamo!» proclamo entusiasta.

 

«Speriamo cosa?»

 

«Che venga a piovere. Adoro il mare in tempesta.»

 

«Allora dobbiamo trovare al più presto un riparo.»

 

«Non mi sembra che ci siano molti posti in cui ripararsi qui intorno.»

 

«Quindi ci bagneremo…»

 

«Un po’ sì, ma in fondo cosa importa? A me interessa soltanto stare con te.»

 

Pronuncio l’ultima sillaba e le sue labbra si avventano sulle mie avvolgendole in un bacio appassionato. Poi, stretti uno all’altra, attendiamo sulla spiaggia l’arrivo del temporale.

 

«Ma guardati, sei zuppa… Possibile che non vi siate accorti che stava per piovere? Santo cielo Vivian, asciugati subito o ti prenderai un malanno» mi riprende mamma appena rientro a casa verso sera.

 

«È tutto a posto, non devi preoccuparti» la rassicuro, sfilandomi le scarpe. «Sono solo un po’ bagnata.»

 

«Un po’ bagnata? Ma dove avete la testa voi ragazzi? Corri subito a sdraiarti sul divano. Intanto ti porto dei vestiti asciutti e ti preparo una tazza di tè.»

 

Alla fine, proprio come desideravo, Gabriele e io siamo rimasti sotto la pioggia a guardare la tempesta che infuriava sulla battigia. A fare da cornice a questo pomeriggio speciale c’erano le imponenti onde che si rincorrevano nelle acque agitate, il sospiro del mare infuriato e quello sempre più impetuoso del vento, che increspava la linea dell’orizzonte. In quei frangenti Gabriele mi ha confidato di voler studiare medicina, il suo più grande desiderio è di poter curare i bambini malati di cuore. Io invece gli ho raccontato del mio sogno di diventare biologa marina e lui mi ha detto che non ha mai visto una biologa più bella di me. A fine pomeriggio, quando ormai la tempesta si era placata, ha inciso i nostri nomi su una roccia. In quel momento l’ho abbracciato forte e gli ho detto che da quando c’è lui la mia vita è cambiata e che sono la ragazza più felice del mondo.

 

Sarà impossibile dimenticare questa giornata.

 

Mentre sono distesa sul divano ripenso con aria sognante ai suoi baci, alla magia che sa creare anche solo guardandomi, alla felicità che provo quando gli sono accanto. È l’arrivo improvviso di Alex a ridestarmi di colpo dai miei sogni, riportandomi con i piedi per terra.

 

«Cosa diavolo ci fai con la coperta addosso?» mi chiede in tono grave, fissandomi con aria ostile.

 

«È andata al mare con Gabriele ed è tornata a casa zuppa» gli spiega mamma, facendo capolino dalla cucina.

 

«Sei andata al mare?» domanda accigliato.

 

«La cosa ti dà fastidio?» rispondo intimorita. Lo sguardo che mi rivolge in questo istante mi fa sobbalzare sul divano: non c’è luce nei suoi occhi. Solo una tetra oscurità. «Perché mi fissi in quel modo?» gli chiedo con la voce che trema.

 

In tutta risposta si allontana in silenzio verso la scala. Il trillo improvviso del telefono di casa mi distoglie dall’intento di corrergli dietro per chiedergli spiegazioni.

 

«Vorrei parlare con Alex» dice una voce a me nota. «Sono Debora.»

 

Il mio cuore accelera d’un colpo i suoi battiti. «Ok… te lo chiamo subito…»

 

«Sei Vivian?»

 

«Sì, sono io…»

 

«Digli che è importante, ti prego. Digli che ho bisogno di parlargli.»

 

«Va bene Debora, vado subito a chiamarlo.» Salgo di corsa le scale e busso alla sua porta. «Alex sono Vivian… è importante…» mormoro con voce flebile.

 

«Che cosa vuoi?» mi chiede dopo qualche istante, senza aprirmi.

 

«C’è Debora al telefono.» Nessun commento da parte sua. «Hai sentito cos’ho detto? C’è Deb…» Prima che possa terminare la frase apre di scatto la porta e si ferma a un centimetro dal mio naso. La mia schiena è attraversata da un brivido freddo. «C-c’è Debora al telefono, vuole parlarti… volevo solo dirti questo…» balbetto, indietreggiando di un passo.

 

Una luce crudele scintilla nei suoi occhi celesti.

 

«Vattene» ribatte in tutta risposta, richiudendo la porta dietro di sé.

 

Soffoco un grido di rabbia e mi allontano correndo. Non ne posso più, la mia sopportazione ha raggiunto il culmine…

 

Sono stufa di essere il bersaglio dei suoi malumori!

 

«Secondo me si sono lasciati» sentenzia Sara una volta a tavola, procurandomi un evidente sussulto.

 

«Ma no, avranno solo litigato» le dice mamma. «In ogni caso non sono affari nostri. Se Alex vorrà parlarcene lo ascolteremo, altrimenti nessuna di noi dovrà fargli domande inopportune. Ok?»

 

«A cosa vi state riferendo di preciso? Posso saperlo anch’io?» chiedo, sopraffatta dalla curiosità.

 

«Pare che Debora e Alex abbiano avuto una pesante discussione» mi spiega mamma.

 

«Te lo ha detto lui?»

 

«Oggi pomeriggio Debora ha chiamato più volte chiedendo di lui e dal tono di voce sembrava quasi che stesse piangendo.»

 

«Quindi non sono usciti insieme?»

 

«Lei mi ha solo detto che avevano avuto dei problemi e che voleva parlargli, ma tuo fratello ha spento il telefonino e non è più riuscita a rintracciarlo.»

 

«Allora Elena, cosa si mangia stasera?» domanda Alex come se nulla fosse, entrando in cucina all’improvviso. «Se non la smetti di ridere ti faccio a pezzi» dice, rivolgendosi a Sara.

 

«Ma sentilo il grand’uomo… Guarda che papà mi ha insegnato a fare la lotta da piccola. Se solo volessi potrei staccarti il collo» lo schernisce ridendo.

 

«Ti ricordo che sei una femmina e che la tua forza muscolare è pari a quella di una formica» la stuzzica con un sorriso.

 

«Non prendermi in giro fratello e ricordati che ho fatto un anno di judo.»

 

«Come potrei dimenticarlo. Mi ricordo anche che il tuo insegnante diceva che eri una schiappa.»

 

«Non è vero, non ha mai detto così.»

 

«Sì che lo ha detto. Eri una schiappa senza eguali.»

 

«Bugiardo, stai mentendo!»

 

«Devi accettare la realtà. Non valevi una cicca carina.»

 

«Tu sei solo invidioso perché ero più brava di te!»

 

«Smettetela di bisticciare ragazzi» li interrompe mamma, servendoci la cena.

 

Il cambiamento di Alex mi lascia sgomenta. Prima era livido di rabbia, ora invece ride e scherza con Sara. Già, con lei. A me invece non rivolge neppure uno sguardo fugace. Per lui è come se non esistessi, come se non fossi neppure seduta a tavola con loro. Affondo la forchetta nel piatto e trattengo a stento le lacrime. Ho l’impressione che ce l’abbia sempre con me, come se la causa di tutti i suoi problemi fossi solo ed esclusivamente io.

 

A mezzanotte Gabriele non si è ancora fatto sentire. Aveva promesso di farlo, invece è sparito. L’idea di prendere Ares per andare da lui mi balena nella testa. Sto per alzarmi dal letto quando avverto la vibrazione improvvisa del cellulare. Mi precipito a rispondere con il cuore in gola.

 

«Vivian sono Gabriele.»

 

«Perché hai aspettato tanto a chiamarmi? Ce l’avete tutti con me oggi?» urlo con la voce incrinata. Poi, senza riuscire a fare nulla per trattenermi, scoppio a piangere.

 

«Ti amo Vivian.»

 

Al suono di queste parole il mio cuore smette di battere. Gabriele ha detto che mi ama…

 

«Anche se non dici nulla voglio che tu sappia che ti amo. Ora devo andare, purtroppo devo andare… Vorrei tanto che fossi vicino a me stasera. Scusami se non ti ho chiamata prima, ma non ho davvero potuto.»

 

«Aspetta!» urlo, intuendo la sua intenzione di voler riattaccare. «Ti sento così triste… É forse successo qualcosa?» Gabriele tace e il mio stomaco si annoda. «Ma tu stai piangendo…»

 

«Sei la mia vita Vivian» dice infine, sbattendomi giù il telefono.

 

Turbata mi precipito alla finestra e guardo il panorama attraverso di essa. Ha detto di amarmi, ma lo ha fatto piangendo. No, non era così che avrei voluto sentirmelo dire.

 

Non fra le lacrime.

 

Compongo in tutta fretta il suo numero, ma il cellulare risulta spento. Il telefono di casa sua è sempre occupato.

 

Il mio ragazzo sta soffrendo e non vuole che gli stia vicino. Come potrò riposare stanotte con questo peso sul cuore?

 

Trascorro le ore successive distesa sul letto, gli occhi sgranati che fissano il buio. Alle quattro del mattino sono ancora in queste condizioni. Presa dallo sconforto gli scrivo un messaggio:

 

 

 

Perché stai male Gabriele?

 

Perché non ti confidi con

 

me? Voglio sapere che cosa ti

 

è successo, il motivo delle

 

tue lacrime. Così mi spezzi

 

il cuore… Non posso dormire

 

sapendo che sei infelice.

 

Chiamami domani, ti supplico.

 

 

 

Con le prime luci dell’alba la stanchezza ha il sopravvento sul mio dolore. Ho sperato fino all’ultimo che rispondesse al mio messaggio, ma è stato inutile, non lo ha fatto. Il mio ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi va al giorno che sta per iniziare.

 

Non so ancora cosa mi aspetta, ma pretendo di incontrare Gabriele e parlare con lui.

 

Il sole è già alto nel cielo quando mi risveglio poche ore dopo. Guardo speranzosa il cellulare abbandonato sul cuscino: nessun messaggio.

 

Forse sta ancora dormendo.

 

Prima di scendere per fare colazione osservo la mia immagine riflessa allo specchio. Inutile negarlo, la notte insonne ha lasciato i suoi segni sul mio volto.

 

Sola in cucina calco la fronte contro il tavolo e penso. Gabriele stava piangendo anche il giorno in cui ci siamo conosciuti. Non ho mai chiesto chiarimenti in merito a quell’episodio e solo ora mi rendo conto di essere stata una stupida. Avrei dovuto parlargliene, insistere per avere spiegazioni. Forse nelle lacrime di allora c’era la motivazione di quelle di oggi. Un rumore improvviso di passi mi costringe ad alzare la testa. Alex, appena entrato in cucina, mi sta fissando fermo sull’uscio.

 

«Che cos’hai?» domanda, scuro in volto.

 

«Niente» gli rispondo, asciugandomi una lacrima con il dorso della mano.

 

«Non si piange per niente. Dimmi cos’hai.»

 

«Vai via» sentenzio asciutta, senza guardarlo in volto. Si avvicina a me e posa una mano sulla mia spalla. «Ti ho chiesto di andartene Alex.»

 

«Voglio sapere perché stai piangendo.»

 

«Come fai a non rendertene conto… Io sono sempre gentile e disponibile con te mentre tu non fai che trattarmi come se ti dessi fastidio, come se ce l’avessi sempre con la sottoscritta…»

 

«Mi dispiace Vivian. Io non ce l’ho con te. Ieri ero nervoso, ma tu non c’entri.»

 

«Allora perché fai così? Perché te la prendi sempre con me quando hai un problema? Lo so che non mi hai mai voluta Alex. Mi hai odiata sin dal primo momento in cui sono entrata in casa tua… Pensi forse che non me ne sia accorta?»

 

«È questo che credi?» chiede, fissandomi dritto negli occhi.

 

Il suo sguardo intenso e penetrante mi priva del respiro per alcuni secondi. È così dolce adesso…

 

«Sì» ammetto, dopo averci pensato un po’.

 

«Allora non hai mai capito niente di me. Stai piangendo per lui?»

 

«Non ti interessa. Vai via, per favore.»

 

«Ok, me ne vado. Scusami se ti ho disturbato.»

 

Richiude la porta dietro di sé e mi sento sprofondare nel vuoto.

 

Di colpo mi sento ancora più sola, ancora più infelice.

 

«Posso entrare un attimo?» domanda mamma qualche ora più tardi, bussando alla porta della mia camera. Vado ad aprirle e le rivolgo un sorriso tirato. «Tuo fratello mi ha detto che hai studiato fino a notte fonda, così ho evitato di disturbarti. Tutto bene tesoro?»

 

«Tutto bene mamma» le rispondo, mascherando un certo stupore. Alex mi ha protetto ancora una volta.

 

«Sono venuta per avvisarti che tra poco sarà pronto il pranzo.»

 

«Ok. Dammi il tempo di vestirmi e arrivo.»

 

Aspetto che esca dalla mia stanza e mi precipito alla finestra. L’aria è calda, il cielo terso. Mi chiedo che cosa stia facendo Gabriele. Appena ci rivedremo voglio dirgli che lo amo anch’io.

 

La tanto attesa telefonata sopraggiunge più tardi, quando ormai sto per tornare a letto. Prendo il cellulare con le mani che tremano e gli rispondo con la voce incrinata.

 

«Come stai Gabriele?»

 

«Sto bene Vivian.»

 

«Sicuro?»

 

«Sicurissimo. E tu stai bene?»

 

«Ora che ti ho sentito sì, ma ieri sono stata tanto in pena per te.»

 

«Oggi va molto meglio, giuro.»

 

«Ieri però stavi piangendo… Noi due dobbiamo parlare. Quando potrò vederti?»

 

«Purtroppo dobbiamo rimandare a domani pomeriggio. Stasera ho qualche linea di febbre.»

 

«Hai la febbre? E da quando? Perché non me lo hai detto prima?»

 

«Perché mi è venuta ieri notte. Ma non voglio che ti preoccupi, ok?»

 

«È colpa mia e delle mie stupide idee. Se non ci fossimo fermati a guardare il temporale adesso staresti bene.»

 

«Tu non c’entri Vivian. È solo un banale raffreddore.»

 

«È davvero così?»

 

«Devi credermi.»

 

«È meglio se resti a casa allora. Verrò io da te.»

 

«Vedremo. Ho parlato con tua madre, sai? È una persona molto gentile e ha anche promesso di farmi una torta appena verrò a trovarvi.»

 

«Le hai detto che verrai qui?»

 

«Sì. Voglio conoscere al più presto la tua famiglia.»

 

«Sono felice, non sai quanto…»

 

«Lo sono anch’io Vivian.»

 

«Quando ci vedremo voglio dirti una cosa.»

 

«Spero sia una cosa bella.»

 

«Lo è.»

 

«Allora non vedo l’ora di riabbracciarti.»

 

«Anch’io… tanto…»

 

«Ciao Vivian. A presto» conclude, riattaccando.

 

Finalmente è tornato il sereno. Le nuvole si sono dissipate, il sole ha ripreso a brillare nel nostro cielo.

 

Domani parleremo, domani saprò.

 

Devo solo aspettare che la notte passi in fretta e tutti i miei dubbi si scioglieranno come neve al sole.