3

 

 

 

È trascorso un anno da quel giorno. Alex e io non abbiamo mai più fatto riferimento a quell’episodio e i contatti fra di noi si sono parecchio diradati. Da quando mi sono imposta di vivere la mia vita serenamente mi sono tornate l’allegria e la voglia di uscire con le amiche, con le quali trascorro piacevoli pomeriggi in città. Mi rendo conto di essere davvero felice in questo momento e la prospettiva di affrontare il futuro con questo spirito mi fa sentire euforica e piena di speranza.

 

Sono una persona nuova, più matura, consapevole.

 

E ho una voglia incredibile di innamorarmi.

 

Un mercoledì pomeriggio, terminata la scuola, il sole caldo e l’aria profumata di fiori accendono in me la voglia di fare una passeggiata con Ares. Dopo aver cavalcato per ore immersa nei miei pensieri mi ritrovo in un luogo mai visto prima. Intorno a me ci sono soltanto alberi e prati. Nessun punto di riferimento, nessun segnale che possa ricondurmi a Rocca Argenta.

 

Mi sono persa.

 

Scendo da cavallo e mi incammino a passo sostenuto verso il bosco, oltre il quale intravedo il tetto di una casa; magari laggiù c’è qualcuno in grado di aiutarmi.

 

Costeggio la cancellata della sontuosa villa incredibilmente simile alla Reggia di Versailles, ma sento una musica dolcissima provenire da una finestra e mi blocco all’improvviso. Il portone d’ingresso è aperto e così, furtiva, decido di entrare.

 

Nascosta dietro a una colonna ne ascolto a occhi chiusi le note struggenti. In tutta la mia vita non avevo mai sentito suonare il pianoforte in modo così divino…

 

La curiosità ha il sopravvento. Chi potrà essere questo talentuoso pianista?

 

Sporgo la testa per guardare all’interno della grande finestra: un ragazzo bellissimo con i capelli castani, lo sguardo dolce e gli occhi verdi come smeraldi sta eseguendo una melodia che scatena i brividi sulla mia pelle.

 

Osservo incantata le sue mani che si muovono sul pianoforte a coda, i suoi occhi illuminati da un raggio di sole, il volto angelico. D’un tratto il mio cuore fa un balzo nel petto: le sue guance, adesso, sono rigate di lacrime.

 

Ritraggo la testa e mi nascondo dietro la colonna. Per quale motivo quel ragazzo così giovane e bello sta piangendo?

 

La musica si interrompe di colpo; sto per scappare via, ma lui si è accorto di me e mi obbliga a fermarmi.

 

«Aspetta! Non andartene» mi dice, alzandosi dalla sedia.

 

«Scusami, ti prego…» mormoro, rossa in volto. «Stavo passando di qui e ho sentito questa musica bellissima provenire dalla tua finestra, così mi sono avvicinata per ascoltarla meglio. Non sarei dovuta entrare senza permesso, mi dispiace tanto.»

 

Le sue labbra si dischiudono in un dolce sorriso e nei suoi occhi si dipingono le infinite sfumature degli smeraldi.

 

«Ti piace questa musica?»

 

«Oh sì, è davvero meravigliosa.»

 

«È Chopin. Conosci Chopin?»

 

«No…»

 

«Se ti fa piacere posso continuare a suonare.» La mia testa si piega in segno di assenso. «Ok. Vieni dentro allora.»

 

Varco imbarazzata la portafinestra e d’improvviso mi ritrovo catapultata nel suo mondo e nella sua immensa villa. La dolcezza del suo sguardo suscita in me un tenero imbarazzo e, quando poco dopo riprende a suonare, il mio corpo si ricopre di brividi. Sono incantata dalla sua bellezza, dal volto fine e delicato, dallo sguardo dolce e pulito. Il modo profondo in cui suona il pianoforte riesce a entrarmi nell’anima accelerando i battiti del mio cuore.

 

«Solo le persone con un animo sensibile possono commuoversi ascoltando Chopin» mormora a esecuzione terminata, notando i miei occhi lucidi.

 

«Mi hai fatto sognare…» sussurro con un filo di voce.

 

«Come ti chiami? Io Gabriele.»

 

«Mi chiamo Vivian e ti chiedo ancora scusa per essermi introdotta in casa tua.»

 

«Non devi chiedermi scusa, mi fa piacere che tu sia qui.»

 

«Il fatto è che mi sono persa e ho pensato di chiedere aiuto a voi. Ho lasciato il mio cavallo fuori dal cancello e poi sono entrata.»

 

«Hai fatto bene» ribatte con un sorriso. «Ma dimmi, da quanto tempo eri lì ad ascoltarmi prima che mi accorgessi di te?»

 

«Non saprei… un paio di minuti, più o meno.»

 

Gabriele abbassa lo sguardo, sul suo volto un’espressione addolorata; probabilmente ha capito che l’ho visto piangere.

 

«Così ti sei persa. Vediamo come posso aiutarti» dice, tornando a sorridere. «Dove abiti Vivian?»

 

«A Rocca Argenta. Qui invece siamo a…?» gli chiedo dubbiosa.

 

«Colle Alto. Ne hai fatta di strada.»

 

«Devo essere impazzita! Ho percorso tutti questi chilometri senza neanche accorgermene e tra poco sarà buio… Devo assolutamente tornare a casa, altrimenti mia madre si preoccuperà.»

 

«Se vuoi posso aiutarti.»

 

«E come?»

 

«Ti faccio accompagnare da Josè, l’autista di mio padre.»

 

«E Ares? Il mio cavallo intendo.»

 

«Puoi lasciarlo qui per stanotte. Così avrò la certezza che verrai di nuovo a trovarmi.»

 

Lo guardo in volto e sento il mio stomaco annodarsi. Questo ragazzo mi fa provare emozioni incredibili e sconosciute…

 

«Ok, va bene» rispondo, turbata dalle sensazioni che stanno sconvolgendo il mio animo. «Ti lascio Ares, così farò in tempo a tornare per cena.»

 

«Vieni, andiamo a sistemare il tuo cavallo» dice, invitandomi a seguirlo.

 

La villa di Gabriele è una lussuosa proprietà arricchita da eleganti tappeti, quadri d’epoca ed enormi vetrate affacciate su una distesa di prati. Nell’attraversare il lungo corridoio sento un brivido corrermi lungo la schiena.

 

«Sembra di essere in un castello» proclamo in modo così ingenuo da farlo sorridere.

 

«Questa casa è troppo grande. A volte preferirei vivere in un appartamento più piccolo e di poche pretese, ma a mio padre piace così.»

 

«Che scuola frequenti Gabriele?»

 

Il suo sguardo si rabbuia. Forse la mia domanda era troppo indiscreta, anche se non ne comprendo il motivo.

 

«Frequento il liceo scientifico» risponde, rivolgendo lo sguardo altrove.

 

«Sei davvero gentile a permettermi di lasciare qui il mio cavallo. Come posso ringraziarti per tutte le cose belle che hai fatto per me questo pomeriggio?»

 

«Non devi ringraziarmi di nulla Vivian.»

 

«Sì invece. Per la musica meravigliosa che mi hai fatto ascoltare, per la tua gentilezza e per l’offerta di accompagnarmi a casa in macchina.»

 

Mi guarda con dolcezza e mi rivolge uno splendido sorriso. Poi, come nel più bello e tenero dei sogni, sfiora la mia guancia con il dorso delle dita.

 

«La prossima volta suonerò di nuovo Chopin per te se lo vorrai.»

 

«Mi piacerebbe davvero molto.»

 

«A domani allora.»

 

«Verrò a prendere Ares dopo la scuola. Solo che… accipicchia, come farò ad arrivare fin qui? Non ci avevo proprio pensato.»

 

«Posso farti venire a prendere da Josè.»

 

«Davvero faresti questo per me?»

 

«Sì. Che cosa ne pensi? Ti va?»

 

«Penso che sarebbe fantastico» gli rispondo emozionata.

 

L’autista mi sta aspettando alla guida di una lussuosa automobile parcheggiata davanti all’ingresso della villa. «Devi accompagnare questa signorina a Rocca Argenta» gli dice Gabriele, lanciandogli un’occhiata d’intesa.

 

Lo guardo in volto e sento ancora quel fuoco nello stomaco. Mi convinco sempre di più che questo ragazzo debba avere un animo nobile e sensibile vista la profondità con cui suona il pianoforte e l’incredibile dolcezza con cui mi tratta pur senza avermi mai incontrato prima.

 

«Ciao Vivian. Ci vediamo domani» dice, richiudendo la portiera.

 

«A domani» ribatto emozionata, salutandolo con la mano.

 

Appena entro in casa trovo la mia famiglia radunata in soggiorno ad aspettarmi, Alex incluso. Fingo di ignorare i loro sguardi puntati su di me e mi sistemo i capelli.

 

«Ho una fame incredibile» proclamo allegra, incamminandomi verso la cucina.

 

«Cosa diavolo ci facevi su una Maybach?» mi chiede Alex con lo sguardo accigliato, seguendomi.

 

«Scusa?»

 

«L’auto da cui sei scesa è una Maybach. Costa qualcosa come due ville messe insieme. Come diavolo hai fatto a finire là sopra?»

 

Osservo i volti di mamma e Sara e mi accorgo che anche loro stanno aspettando impazienti una mia risposta.

 

«È del padre di un mio amico» gli spiego intimidita. «Era molto tardi e lui si è offerto di farmi accompagnare a casa dall’autista.»

 

«Tu hai un amico che ha una Maybach?» continua Alex in tono sempre più sgarbato.

 

«Sia chiara una cosa» proclamo, seccata dal suo atteggiamento poco cortese. «A me non interessano le automobili, ma l’animo delle persone.»

 

«Non mi avevi detto di avere un amico così ricco. Da dove salta fuori?» si intromette mamma.

 

«E chi ti dice che sia ricco?»

 

«Tu non ti rendi proprio conto» interviene di nuovo Alex con arroganza. «Quella è una macchina che possono permettersi in pochi.»

 

«Dovresti smetterla di parlare di soldi» urlo indispettita. «Gabriele è un ragazzo meraviglioso e se gli sono amica non è di certo per il conto in banca di suo padre. Se pensi questo non offendi soltanto me, ma anche e soprattutto lui. Questa è l’ultima volta che accetto un passaggio dal suo autista, così eviterete di fare tutto questo clamore per una stupidissima automobile.»

 

D'improvviso sento le lacrime pungermi gli occhi. Non ne comprendo il motivo, ma il pensiero di Gabriele suscita in me un’emozione intensa che riesco a malapena a controllare. Non avevo proprio pensato alla possibilità che potesse essere tanto ricco perché ciò che mi ha colpito di lui è stata la sua nobiltà d’animo, non i suoi soldi. Se ripenso ai suoi occhi verdi, al suo sguardo buono e alle sue lacrime mentre suonava il pianoforte non posso fare a meno di provare una tenerezza infinita per lui. Quanto vorrei poter dire a tutti che oggi Gabriele mi ha trattata sempre con rispetto e che non c’è stato un solo minuto in cui mi abbia fatto percepire la sua ricchezza materiale… E questo nonostante la casa meravigliosa e l’auto di lusso.

 

«Lascia in pace tua sorella Alex.»

 

La voce adirata di mamma mi travolge proprio mentre stavo per rivelare a tutti quanto volessi già bene al ragazzo incontrato soltanto poche ore fa.

 

«Tesoro non te la prendere. Eravamo solo curiosi» mi dice poi, dandomi una carezza.

 

«Ok» annuisco, sedendo a tavola. «A proposito, domani pomeriggio vado a riprendere Ares a casa sua. Non aspettatemi per pranzo.»

 

«Ho capito bene Vivian? Hai lasciato Ares a casa del tuo amico? Sei forse impazzita?»

 

Le urla di Alex mi paralizzano sulla sedia. «E-ero in ritardo e Gabriele mi ha proposto di lasciarlo da lui… Cos’ho fatto di male?» rispondo in un sottile tremolio, spaventata dalla sua aggressività.

 

«Cos’hai fatto di male? Hai soltanto lasciato il mio cavallo a casa di uno sconosciuto! Tu devi essere fuori di testa.»

 

«Smettila di parlare in questo modo a tua sorella!» lo riprende nostra madre. «Chiedile subito scusa Alex.»

 

«Non ci penso proprio… Questa sciocca ha lasciato Ares a casa di un suo amico senza neanche chiedermi il permesso. Chi diavolo ti credi di essere Vivian? Ares è il mio cavallo, sono io a decidere per lui, non tu.»

 

Lo guardo in volto e mi sembra di non riconoscerlo più. In cinque anni mi aveva sempre trattata in modo educato e ora fa scoppiare il finimondo per una sciocchezza. Cerco di soffocare un singhiozzo, ma le sue parole mi hanno ferita; senza volerlo scoppio a piangere davanti a tutti mentre lui si agita da una parte all’altra della cucina. Neppure le mie lacrime riescono a placare la sua ira.

 

«Chiedi subito scusa a Vivian» impreca nostra madre. «Il tuo comportamento è inammissibile!»

 

«Domani voglio Ares a casa. Ti conviene riportarmelo subito, altrimenti potrai pure scordarti di avere un cavallo. Sono stato chiaro?» continua con lo sguardo livido, puntandomi il dito contro.

 

«Domani sarà di nuovo qui, te lo prometto» sussurro a testa bassa. «L’ho lasciato a casa sua perché non volevo fare tardi.»

 

«Non mi interessano le tue scuse. Non dovevi lasciare il mio cavallo da un altro. Spero sia l’ultima volta che accade una cosa del genere» conclude con prepotenza.

 

Sono le ventitré passate e io non riesco a prendere sonno. Ripenso alla giornata di oggi, alle emozioni che ho provato, agli occhi verdi di Gabriele e al suo dolce sorriso, ma ripenso anche alle urla di Alex, al suo volto infuriato, alla sua freddezza quando mi feriva con le sue parole. Mentre cerco di scacciarne il ricordo qualcuno bussa alla porta. Vado ad aprire sperando che sia lui intenzionato a chiedermi scusa, invece è mia madre.

 

«Ho appena finito di parlare con tuo fratello» mi dice, sedendo sul letto. «Non lo avevo mai visto così arrabbiato prima d’ora. Il suo atteggiamento è ingiustificabile.»

 

«Io invece lo capisco» dichiaro, senza guardarla in volto. «Lui vuole molto bene al suo cavallo e giustamente si preoccupa per lui. Domani lo riporto a casa, promesso.»

 

«Sei tanto cara tesoro mio» mi accarezza dolcemente una guancia. «Quel ragazzo sta diventando un vero ribelle ultimamente. Si fa sempre i fatti suoi e trascorre tutto il tempo fuori casa, eppure non lo vedo felice, sento che gli manca qualcosa.»

 

«Suo padre?» domando incuriosita.

 

«Anche. Ma c’è qualcos’altro che non riesco a comprendere. È come se fosse inquieto, come se avesse un problema che lo tormenta.»

 

La guardo con gli occhi sgranati e mi chiedo di cosa possa trattarsi.

 

«Ma Alex ha tutto mamma. È bravo a scuola, ha la ragazza, un sacco di amici e fra un paio d’anni realizzerà il suo sogno di entrare in Accademia. Quale potrebbe essere questo problema che lo angustia?»

 

«Non lo so proprio. Ho anche provato a parlargliene, ma lui mi dice sempre che è tutto a posto. Ti lascio dormire ora, altrimenti domattina farai fatica a svegliarti e Gabriele si spaventerà per le tue occhiaie» mi dice sorridendo.

 

«Ti voglio bene mamma.»

 

«Anch’io amore. Dormi bene.»

 

Spengo la luce e lascio che la testa sprofondi nel cuscino. Da una piccola fessura tra le tende intravedo una fetta di luna brillare nell’oscurità della notte. Ripenso a Gabriele, a quanto mi piacerebbe sognarlo. Invece trascorro la notte a litigare con Alex e la mattina mi sveglio con un cerchio alla testa.

 

«Buongiorno Vivian» mi saluta mamma quando, intorno alle sette, la raggiungo in cucina.

 

«Buongiorno» ribatto, sedendo a tavola. «Sara non fa colazione con noi?»

 

«Sta ancora finendo di prepararsi quella pigrona.»

 

«E Alex?» chiedo, rivolgendo lo sguardo in direzione della finestra.

 

«Alex è uscito.»

 

«Di già?»

 

«Ha detto che passava un attimo da Manuel prima di andare a scuola.»

 

«Sarà ancora arrabbiato con me, ecco perché è andato via così presto» dichiaro con rammarico.

 

«Tu non c’entri tesoro. Smettila di angosciarti per niente.»

 

Fingo di crederle, ma il mio cuore è colmo di tristezza. Oggi doveva essere un giorno bellissimo, invece la litigata con lui ha rovinato tutto.

 

All’una in punto scendo di corsa le scale e mi precipito in cortile, dove ad attendermi c’è la lussuosa macchina guidata da Josè. Gabriele mi sta aspettando appoggiato alla portiera con il volto illuminato da un sorriso radioso.

 

«Ciao Vivian» mi saluta, avvicinandosi.

 

«Non credevo che venissi qui anche tu…» gli dico perplessa, contenendo a fatica l’emozione.

 

«Volevo farti una sorpresa.»

 

«Sorpresa riuscitissima» sentenzio felice, fissando lo sguardo nel suo.  

 

Tra lo stupore dei miei compagni di scuola che si erano fermati a guardarla salgo sulla maestosa Maybach sentendomi una vera principessa.

 

Dopo un breve viaggio lungo le strade di campagna arriviamo finalmente a Colle Alto. Nell’immenso parco che circonda la sua residenza ci attende una raffinata tavola preparata apposta per noi dalla cameriera Linda.

 

«Gabriele» mormoro nel corso del nostro primo pranzo insieme, «non mi hai ancora detto quanti anni hai.» In questo momento sento che vorrei conoscere tutto di lui: la sua vita attuale, il suo passato, i suoi progetti per il futuro. L’atmosfera magica che si è instaurata tra noi mi fa desiderare di avvicinarmi spiritualmente al suo cuore.

 

«Ho sedici anni e tu?»

 

«Quindici.»

 

«E sei già così bella» dice, rivolgendomi un dolce sorriso.

 

Quanto mi piace questo ragazzo… penso tra me e me. Non riesco a fare a meno di fissarlo incantata: mi piacciono i suoi modi gentili, la sua delicatezza nel parlarmi, le sue premure affinché stia bene. E mi piace soprattutto quando mi guarda con tenerezza, come se non potesse fare altrimenti.

 

«Dopo pranzo ti andrebbe di prendere il sole?» mi chiede poi, fissando gli occhi nei miei.

 

«Non vedo l’ora» rispondo felice mordendomi il labbro inferiore, mentre il mio cuore riprende a saltellare nel petto.

 

Sdraiati su eleganti chaise longue in rattan uniamo le nostre anime attraverso le mani strette l’una nell’altra.

 

«La senti?» domanda a un tratto, suscitando la mia curiosità.

 

«Che cosa?»

 

«L’energia del sole.»

 

«L’energia del sole?»

 

«Chiudi gli occhi e lasciati penetrare dal suo calore. Io lo faccio sempre. Quando entri in sintonia con la natura puoi percepirne l’energia ed è allora che diventi tutt’uno con essa. L’energia del sole è forte, immensa. Basterebbe nutrirsene qualche minuto al giorno per stare sempre bene.»

 

Chiudo gli occhi anch’io, inspiro a fondo l’aria e mi lascio avvolgere dal calore del sole. Quando poco dopo torno a lui il suo sguardo luminoso scatena un brivido sulla mia pelle.

 

«Come fai a essere così bella? Sei bellissima fuori e meravigliosa dentro. Nessuno si era mai commosso ascoltando la mia musica al pianoforte. A te perché è successo? Dimmelo, ti prego. È importante.»

 

«Per il modo in cui hai suonato. Una musica così malinconica interpretata con una tale maestria sarebbe in grado di sciogliere anche il cuore della persona più insensibile.»

 

«È il Notturno in do diesis minore, un’opera giovanile di Chopin. Adoro quel pezzo.»

 

«Fammelo riascoltare, ti prego.»

 

«Sì, voglio suonare ancora per te. Vieni, torniamo dentro.»

 

Mentre riprende a suonare sento il mio cuore palpitare, la mente vola via inebriata dalle sensazioni che la sua vicinanza suscita in me. Osservo il suo profilo e cerco di intuire i pensieri che si agitano nel suo animo. Qualcosa di lui mi sfugge. È come se ci fosse un problema che lo preoccupa, che lo fa soffrire.

 

«Gabriele…» mormoro con un filo di voce. Le sue mani abbandonano il pianoforte e salgono sulle mie guance per accarezzarle. Chiudo gli occhi per percepirne il calore, per vivere fino in fondo questa sensazione sconosciuta e irresistibile e ciò che custodivo dentro di me si libera attraverso le parole. «Io non so cosa mi stia succedendo. Sto bene con te, tu mi fai sentire felice…»

 

«Prima di incontrarti non sapevo che cosa significasse amare, ma da ieri è cambiato tutto» dice di rimando, senza smettere di guardarmi. Ed è così che le sue labbra, morbide e dolci, sfiorano le mie in un bacio delicato trasformando una giornata qualunque nel momento più romantico della mia vita. «Non credo di aver mai provato prima d’ora quello che sto provando per te. Ci conosciamo appena, ma questo non significa nulla. È come se ti conoscessi da sempre, come se ti avessi ritrovata. Forse noi due ci siamo già amati in un’altra vita» continua con gli occhi lucidi. «Raccontami di te ora. Dal giorno in cui sei nata fino a ieri, quando ho avuto la fortuna di incontrarti.»

 

«C’è una cosa importante che devi sapere» mormoro, avvolta nel suo abbraccio. «Io sono stata abbandonata appena nata e ho vissuto in orfanotrofio fino a dieci anni.»

 

Il suo sguardo si rabbuia. «Mi dispiace tantissimo.»

 

«Adesso però sono felice. Sono felice perché vivo in una famiglia meravigliosa che mi adora.»

 

«Non sai quanto questo renda felice anche me.»

 

Travolta da un fiume di parole gli racconto di mamma, di Sara, di Alex. Fra le sue braccia passo in rassegna i momenti più bui e quelli più belli della mia vita, la tristezza vissuta all’orfanotrofio, la gioia di aver conosciuto Elena.

 

«Tocca a te adesso. Anch’io voglio sapere tutto sul tuo conto.» Il suo sguardo si rabbuia di nuovo. «Non ti va?»

 

«Certo che mi va» risponde, fissando il pianoforte. «I miei genitori si sono molto amati da giovani, ma sei anni dopo la mia nascita si sono separati. Mio padre è un avvocato sempre in viaggio per motivi di lavoro e io vivo in questa grande casa praticamente da solo. Dopo la separazione mia madre si è trasferita in Francia, il suo paese natale, e da allora l’ho rivista soltanto poche volte. Ma non le porto rancore, anzi; non vedo l’ora di poterla riabbracciare un giorno.»

 

«Per quale motivo non ti ha portato con sé? Perché ti ha lasciato qui?» gli chiedo, turbata da questa rivelazione.

 

«Scusami ma almeno per ora non me la sento di parlarne. Perdonami Vivian.»

 

«Ok… non importa» lo rassicuro, stringendo la sua mano nella mia. «Se ti fa male raccontare possiamo anche fermarci qui.»

 

«Grazie» conclude, riprendendo a suonare Chopin.

 

Il nostro pomeriggio insieme trascorre tra chiacchiere in allegria, lunghe passeggiate nel bosco e attimi di silenzi infiniti in cui i baci prendono il posto delle parole. Quando il sole sta ormai tramontando mi rendo conto di dover rientrare subito a casa.

 

«Sicura di voler tornare con il cavallo?» mi chiede preoccupato.

 

«Devo. Alex mi uccide se non gli riporto Ares.»

 

«Promettimi che starai attenta. Lo so che sei una bravissima cavallerizza, ma tu promettimelo lo stesso» si raccomanda, passando le dita tra i miei capelli.

 

«Te lo prometto.»

 

«Mi chiami quando arrivi?»

 

«Sì.»

 

«Grazie per essere venuta qui oggi.»

 

«Grazie a te per avermi invitata.»

 

Gabriele si china su di me a baciarmi e mi stringe forte tra le sue braccia.

 

«A domani Vivian.»

 

Quando mancano pochi metri a casa mia fermo il cavallo nel bel mezzo di un prato e mi soffermo a guardare il cielo arrossato da un tramonto di fuoco. L’amore è qualcosa di incredibile e meraviglioso… E io mi sento la ragazza più felice dell’universo.

 

Mamma mi accoglie con il volto scuro e le braccia conserte appena metto piede in soggiorno. «Ero preoccupata Vivian. Non dovresti stare via così tanto tempo» mi riprende severa.

 

«Ero a casa di Gabriele… lo sapevi che andavo da lui…»

 

«Quando sei con Ares vorrei che mi chiamassi soltanto per dirmi che va tutto bene. Domani andremo a Grosseto a comprare un cellulare.»

 

«Un cellulare? Ma non è il caso…»

 

«Sì che lo è. Così io starò più tranquilla e tu al passo con i tempi. Anzi facciamo così» prosegue, seria in volto. «Ti farai accompagnare da Alex così avrete modo di parlare un po’, visto che non lo fate mai.»

 

«Aspetta mamma! Domani non posso andare in città, ho un appuntamento con Gabriele!»

 

«Ma allora fate sul serio… State insieme tesoro? Perché non me ne parli?»

 

«Volevo farlo, ma è successo soltanto poche ore fa… Comunque te lo avrei detto, giuro.»

 

«Siediti sul divano e raccontami di questo Gabriele. È carino? È alto? E dove studia? Come sono curiosa» esclama sorridendo.

 

«È bellissimo mamma. Non avevo mai incontrato un ragazzo così bello in vita mia. E poi ha un animo dolce e sensibile… Sono innamorata.»

 

«Descrivimelo, ti prego. Sto morendo di curiosità.»

 

«Ha un anno in più di me ed è molto alto. Ha i capelli castani e gli occhi verdi come smeraldi. Dovresti vedere i suoi occhi mamma. Hanno un colore indescrivibile a parole.»

 

«Immagino. E poi? Continua tesoro. Che scuola frequenta?»

 

«Il liceo scientifico, ma non mi ha detto dove.»

 

«E dove abita?»

 

«In una villa a Colle Alto.»

 

«E i suoi genitori cosa fanno?»

 

«Purtroppo sono separati. Sua madre vive in Francia e suo padre è un avvocato sempre in giro per il mondo.»

 

«Un avvocato? Come si chiama di cognome? Magari lo conosco» domanda, stringendomi le mani.

 

«Andrea Brandi.»

 

«Suo padre è il facoltoso avvocato Andrea Brandi? Santo cielo Vivian…»

 

«Lo conosci?»

 

«Beh, non di persona. Lui è conosciuto in tutto il mondo, è davvero un grandissimo avvocato.»

 

«Sì, ma a me interessa soltanto Gabriele. È un ragazzo semplice e dolcissimo. E mi vuole bene mamma, mi vuole bene davvero. Pensa che oggi pomeriggio ha suonato il pianoforte per me. È un vero talento.»

 

«Mio dio Vivian… Come hai fatto a conoscere il figlio di Andrea Brandi?»

 

«Gabriele mamma. Non il figlio di Andrea Brandi» preciso un poco seccata.

 

«Hai ragione tesoro, scusami. Raccontami un po’…»

 

«È stata una casualità. Ho sentito una musica bellissima provenire da una finestra, ho guardato dentro e da lì è nato tutto. Sono così felice…»

 

«Ti capisco sai? L’amore è una cosa meravigliosa, soprattutto alla tua età» dichiara, abbracciandomi.

 

«Domani devo andare per forza a Grosseto con Alex? Gabriele mi aspetta dopo la scuola…»

 

«È giusto che tu e tuo fratello vi chiariate in merito a ciò che è accaduto tra voi tesoro, quindi farai un piccolo sforzo e andrai in città con lui. Poi ti accompagnerà dal tuo Gabriele, ok?»

 

«Sicura che lo farà?»

 

«Certo che lo farà. Deve farlo perché glielo imporrò io» afferma decisa.

 

A cena Alex e io riusciamo anche a scambiare qualche parola prima che nostra madre intervenga per ricordarci i piani previsti per l’indomani.

 

«Allora Alex» gli dice, fissandolo dritto negli occhi. «Dopo la scuola accompagnerai Vivian a Grosseto. Deve comprare un cellulare e tu andrai con lei.»

 

Butto un occhio su di lui e temo per la sua reazione.

 

«Quindi sei d’accordo?» gli chiede, dopo un lungo silenzio da parte sua.

 

«Non mi pare di avere altra scelta» le risponde seccato, senza guardarla in volto.

 

«Perfetto. Quando avrete finito l’accompagnerai dal suo amico Gabriele.»

 

Lo sguardo di Alex si posa nel mio e il mio corpo è scosso da un fremito. Fingo di non dare peso all’insistenza con cui mi sta fissando e mi volto in direzione di Sara per chiederle consiglio sul modello di cellulare da acquistare.

 

Il giorno seguente, quando arrivo a scuola, gli occhi di tutti i miei compagni sono puntati su di me. Non immaginavo che una macchina elegante e un ragazzo bellissimo avrebbero sortito un effetto simile sugli adolescenti di Rocca Argenta, anche se un po’ avrei dovuto aspettarmelo…

 

«Chi era quel tipo stupendo?» mi aggredisce Michela appena metto piede in classe.

 

«Quella macchina è uno sballo. Ma quanto diavolo costa?» incalza un altro.

 

«Ma è il tuo ragazzo Vivian?» continua Serena, guardandomi con gli occhi sbarrati.

 

«Smettetela di tormentarmi…» urlo scansandoli, infastidita dalla loro invadenza.

 

L’ingresso in classe della professoressa di latino riesce a placare un poco la loro curiosità. Approfitto dell’occasione e mi rifugio nel mio banco cercando la protezione di Noemi. Poi, al suono della campanella, mi precipito correndo da Alex e lo strattono in strada.

 

«Perché sei così agitata?» domanda, fissandomi con la fronte corrugata.

 

«Andiamo via subito, sbrigati» gli urlo, trascinandolo verso la fermata dell’autobus.

 

«Ma che diavolo… Cos’è, non vuoi farti vedere con me?

 

«Sì, ma non è come credi tu.»

 

«E allora com’è? Spiegamelo.»

 

«Se le mie compagne ci vedono insieme domani mi sommergeranno di domande» gli racconto concitata.

 

«E quali domande dovrebbero farti? Non sanno che facciamo parte della stessa famiglia?»

 

«Beh… no… non lo sanno… non gliel’ho mai detto…» ammetto imbarazzata.

 

Approfittando di un momento di silenzio mi perdo a osservare la natura attraverso il finestrino dell’autobus diretto a Grosseto. Si vede che sta arrivando la bella stagione, i prati sono in fiore e il cielo è sereno e cristallino. Proprio come gli occhi di Alex. Guardo di nascosto il suo profilo perfetto e mi stupisco nel constatare che il loro colore ceruleo si noti anche da questa angolazione.

 

«Ascoltami Vivian» mi dice a un tratto, facendomi sobbalzare sul sedile. «Voglio chiederti scusa per l’altra sera. Mi dispiace di averti trattata in quel modo. Scusami.»

 

«Sei tu che devi perdonarmi» replico felice, fissando la strada davanti a noi. «Ho lasciato il tuo adorato cavallo a casa di una persona che neanche conosci.»

 

«Ho sbagliato io, tu non hai fatto niente di male.»

 

«Invece sì Alex. Ti prometto che non accadrà più un fatto del genere.»

 

«State insieme?» domanda a bruciapelo, come se la nostra discussione di poco fa non gli interessasse più.

 

«Perché me lo chiedi?»

 

«Voglio sapere se sei felice con questo ragazzo.»

 

«Sì, sono felice» rispondo dopo una breve esitazione. «E tu con Debora?»

 

Aspetto trepidante di sapere la verità, ma lui evita il discorso restando in silenzio.

 

«Tu sei una ragazza speciale» riprende poco dopo, «e meriti una persona altrettanto speciale accanto a te. Non conosco questo Gabriele, ma se hai deciso di vivere una storia con lui significa che lo è di sicuro. Me lo confermi?»

 

«Certo Alex… certo che lo è» rispondo, ancora stupita dal fatto che mi consideri speciale.

 

«Voglio solo sincerarmi che non ti prenda in giro altrimenti dovrà vedersela con me.»

 

«Ti preoccupi soltanto perché l’altra sera mi hai trattata male? È per questo che fai tutte queste domande su Gabriele?»

 

«È questo che pensi? Credi davvero che io sia una persona tanto meschina?»

 

«Non ho detto questo, ho solo detto che…»

 

«Che mi preoccupo per te solo per farmi perdonare per l’altra sera, ecco che cos’hai detto.»

 

«Non ti arrabbiare Alex… per favore…»

 

«Preparati, siamo arrivati» mormora nervoso, alzandosi in piedi.

 

Mi piacerebbe poter continuare la nostra discussione, ma la sua presenza riesce sempre a sconvolgermi. Tutto di lui mi fa battere forte il cuore e tremare come una foglia al vento: la sua bellezza, l’intensità del suo sguardo, la sua voce calda e profonda. Quando gli sono accanto diventa difficile persino chiacchierare amabilmente di qualunque argomento. È sempre stato così, dalla prima volta che l’ho incontrato.

 

«Perché mi guardi in quel modo?» mi chiede a un tratto, fissandomi con gli occhi stretti in due fessure.

 

«Forse ti sembrerà una richiesta stupida, ma vorrei che facessimo pace.»

 

«Ok, facciamo pace. Come i bambini dell’asilo» scherza con un sorriso.

 

«Sono contenta» ribatto ricambiando il suo sorriso, «anche se mi stai dando della bambina.»

 

Dopo aver scelto il mio nuovo cellulare Alex insiste per accompagnarmi a Colle Alto. «Non è necessario, davvero…» gli dico imbarazzata.

 

«Non vuoi che venga con te? Colle Alto è lontana.»

 

«Avrai di meglio da fare immagino.»

 

«E cosa te lo fa pensare?»

 

«Beh, tu fai sempre un sacco di cose. Hai Manuel, i tuoi amici, le partite di calcio. Debora…»

 

«Ho smesso con il calcio.»

 

«Davvero non giochi più?»

 

«No. Quello sport mi annoiava.»

 

«Ma se eri bravissimo.»

 

«Può darsi, ma non era comunque lo sport più adatto a me.»

 

«E allora che cosa fai quando dici che vai agli allenamenti?»

 

Mi rendo conto che la domanda sia indiscreta, ma voglio andare fino in fondo e capire chi si nasconde davvero dietro Alessandro Dellis.

 

«Faccio un’altra cosa» risponde laconico.

 

«Ah sì?»

 

«Sì.»

 

«Capisco…»

 

«Ti accompagno da Gabriele.»

 

«No, vado da sola.»

 

«Potrebbe essere pericoloso.»

 

«Ma no. È giorno, c’è tanta gente in giro a quest’ora.»

 

«Come vuoi allora.»

 

«Grazie comunque Alex. Ciao» lo saluto con un cenno della mano.

 

Lo osservo mentre si allontana e mi sfugge un sospiro profondo. Non sarei proprio stata in grado di affrontare un altro viaggio insieme.

 

«Buon pomeriggio seňorita Vivian. Ben arrivata» mi accoglie Linda quando mi presento a casa Brandi. «Gabriele la sta aspettando in giardino» mi dice nel suo evidente accento spagnolo, invitandomi a seguirla.

 

Attraversiamo l’immenso salone illuminato da un sole sgargiante e raggiungiamo l’area relax del parco passando per la portafinestra. Gabriele, seduto su una sdraio, sta prendendo la sua quotidiana energia dal sole.

 

«Sei arrivata finalmente» esclama con un ampio sorriso, venendomi incontro.

 

Mi stringo forte a lui e affondo il volto sul suo petto.

 

«Come sei bella Vivian» mi sussurra all’orecchio. «Sei davvero stupenda.»

 

E poi fa ciò che amo di più in assoluto, mi accarezza una guancia con il dorso delle dita e si china su di me a baciarmi con le sue labbra dolcissime.

 

«Programmi per la giornata?» domando, ancora avvolta nel suo abbraccio.

 

«Andremo a cercare i cerbiatti nel bosco e suonerò ancora per te.»

 

«Non vedo l’ora di ascoltarti…»

 

«Ho chiesto a Josè di portare il pianoforte sotto quell’albero» dice, indicandolo con il dito. «Vieni, andiamo.»

 

Seduta su una poltroncina bianca ascolto a occhi chiusi una melodia che riveste la mia pelle di brividi. Non pensavo di amare così profondamente la musica classica e non avrei mai pensato di riuscire a trascorrere una giornata intera ad ascoltare un ragazzo suonare il pianoforte. La sua musica riempie il mio animo di bellezza e la natura scalpitante sembra quasi acquietarsi al passaggio delle sue dita sui tasti. Cullata da sensazioni di serenità e beatitudine sollevo lo sguardo al cielo. I miei occhi si spostano poi in direzione della villa; davanti all’immensa portafinestra del soggiorno un uomo alto ed elegante ci sta osservando da lontano.

 

«Chi è quell’uomo laggiù?» domando incuriosita, al termine dell’esecuzione.

 

«Mio padre Vivian. È tornato stanotte da un viaggio di lavoro» mi risponde con un’ombra nella voce.

 

«Buongiorno ragazzi» dice una voce alle mie spalle.

 

Imbarazzata balzo in piedi e mi volto a osservarlo. Impossibile non notarne l’incredibile somiglianza con il figlio.

 

«Tu devi essere Vivian» mormora, porgendomi la mano.

 

«In persona» confermo, stringendola nella mia.

 

«Sono davvero felice di conoscerti.»

 

«Anch’io lo sono signor Brandi.»

 

«Oh no, per carità. Chiamami Andrea per favore. E dammi del tu.»

 

«Ok Andrea…»

 

«Vi lascio alla vostra musica allora. Io torno di là a sbrigare un lavoro urgente.»

 

«Non ti riposi neanche oggi papà?» gli domanda Gabriele.

 

«Purtroppo no. Sto seguendo un caso di estrema importanza e non posso permettermi il lusso di rilassarmi, anche se lo vorrei. Vivian è stato un vero piacere conoscerti. Spero di rivederti al più presto da noi.»

 

«Anche per me è stato un piacere.»

 

«Ciao ragazzi» conclude, allontanandosi.

 

«Tuo padre è una persona davvero straordinaria, sono felice di averlo conosciuto» dichiaro ancora emozionata, a conclusione di questo inaspettato incontro.

 

«Scusami se non ti ho detto che era qui, ma non volevo metterti in imbarazzo.»

 

«È stato meglio così, altrimenti non ci avrei dormito stanotte» sentenzio con un sorriso. La luce nei suoi occhi verdi si affievolisce. «Qualcosa non va?»

 

«Sei troppo bella Vivian.»

 

«Se dici così mi fai diventare rossa…»

 

«Sono innamorato di te e non voglio perderti.»

 

«Non mi perderai Gabriele. Anzi vorrei tanto andare al mare con te quest’estate. Lo faremo?»

 

«Io quest’estate non ci sarò» dichiara a testa bassa.

 

«Vai da tua madre in Francia?»

 

«No, vado da un’altra parte. Starò via tre mesi. Mi aspetterai?»

 

«Certo che ti aspetterò.»

 

«Ci sei rimasta male vero?»

 

«No… Mi sarebbe piaciuto molto, ma se non è proprio possibile vorrà dire che ci andremo un’altra volta. Magari il prossimo autunno.»

 

«Mi credi se ti dico che lo vorrei tantissimo anch’io, che vorrei poter evitare di stare via tutto quel tempo per portarti al mare o ovunque tu desideri?»

 

«Io ti credo Gabriele.»

 

«Se mi aspetterai ti prometto che al mio ritorno faremo una gita in un posto bellissimo» dice, stringendomi forte a sé.

 

Il mio cuore si fonde con il suo e lo stesso fanno le nostre anime. Solo un’ombra oscura questi attimi di felicità intensa.

 

Perché quegli occhi incantevoli sono spesso così tristi e malinconici?