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«Se non fermi subito la macchina, giuro che la faccio sul sedile!»

 

È da quasi due ore che mi scappa pipì e la mia amica Ilenia non ha alcuna possibilità di soddisfare la mia umile richiesta. Siamo intrappolate nel traffico di rientro dalle vacanze, a un soffio dal confine con l’Italia. Un serpentone senza fine di automobili ci precede. Il mare alla mia destra, quello che bagna la ridente e soleggiata Mentone, è azzurro e trasparente come l’acqua di una piscina. Cerco di distrarmi immaginando di poter nuotare fra le sue onde bianche e spumeggianti, ma il rumore del mio tuffo fantasioso mi riporta con la mente a una ben più tragica realtà: siamo ancora ferme in coda e la mia vescica è a rischio esplosione.

 

 «Ile, non ce la faccio più…» mugugno a denti stretti, infilando una mano tra le gambe nel disperato tentativo di trattenere l’impellente bisogno fisiologico.

 

  «Santo cielo Jessica, mi stai facendo dannare…!» impreca la mia amica, voltandosi a guardarmi terrorizzata. «Siamo in coda sulla corsia di sorpasso e tu mi chiedi di fermarmi… io vorrei poterti aiutare, ma non so davvero come fare!»

 

Lo sguardo che avevo posato su di lei scivola oltre il parabrezza. La fortuna sembra assistermi; una decina di macchine più avanti, un uomo con una divisa giallo fluorescente sta sventolando una bandierina verde. Le auto ferme nella nostra corsia sono dirottate nella carreggiata opposta, quella inversa al nostro senso di marcia. Il traffico, poco a poco, riprende lentamente a scorrere.

 

 «Mi fermo al primo Autogrill, ok?» dice Ilenia per rassicurarmi, posando una mano sulla mia spalla e pigiando il piede sull’acceleratore.

 

 «Va bene anche un’area di sosta, una corsia di emergenza… qualunque cosa, Ilenia!» la imploro, strizzando forte le palpebre.

 

            Superato il confine, sterziamo in direzione della prima corsia di emergenza. Scatto giù dalla macchina, apro entrambe le portiere sul lato destro e mi nascondo tra l’una e l’altra, mettendo la parola fine al terribile incubo.

 

 «Come ti senti?» mi chiede la mia amica quando, cinque minuti più tardi, salgo di nuovo in macchina con un sorriso e la soddisfazione sul volto.

 

Sprofondo la schiena sul sedile e traggo un lungo e rigenerante respiro.

 

 «Mai stata meglio in vita mia» proclamo a occhi chiusi, sorridendo beata. «Ora, però, devi portarmi in Autogrill. Ho bisogno di un bagno per darmi una rinfrescata.»

 

 «Ne ho bisogno anch’io» ribatte lei. «Mi ha fatto sudare sette camicie, prima.»

 

Lo dice sorridendo, e le sorrido anch’io di rimando.

 

Ilenia e io siamo amiche inseparabili. Usciamo insieme dai tempi dell’università, dal primo giorno in cui ci siamo conosciute. Da allora non abbiamo mai smesso di frequentarci, neppure quando entrambe, inizialmente sfidanzatissime, abbiamo conosciuto i due ragazzi che ci avrebbero rubato il cuore e con i quali avremmo iniziato una bella e appassionante storia d’amore. Durata tre anni la sua, quattro la mia. Lei e Alessio si sono lasciati per motivi di gelosia, lo erano entrambi a livelli inenarrabili e alla fine, com’è normale in questi casi, sono scoppiati. Luca e io, invece, avevamo un bellissimo rapporto fondato sull’affetto e sulla fiducia reciproca. Eppure, nonostante i buoni propositi, non siamo riusciti a resistere al tempo e alla routine quotidiana. O meglio, io non ne sono stata capace. A un certo punto ho sentito il bisogno di avere i miei spazi, di coltivare i miei interessi e le mie passioni e ho voluto farlo senza di lui accanto. Così, un caldo pomeriggio di fine primavera. gli ho chiesto di vederci e gli ho detto addio. Luca è scoppiato a piangere come un bambino tra le mie braccia, spezzandomi il cuore in due. Non riusciva neanche più a parlare, tanta era la disperazione che stava provando. Ricordo di aver avuto l’istinto di tornare sui miei passi, ma sono riuscita non so come a non cedere alla tentazione e, nonostante i sensi di colpa che mi stavano stritolando lo stomaco, mi sono allontanata per sempre da lui. Dopo l’addio a Luca volevo godermi il più possibile il mio periodo di singletudine e così, a dispetto della mia laurea in Filosofia, ho iniziato a seguire un corso di Belle Arti. Nel giro di un anno avevo già un posto di lavoro – quello che svolgo tuttora –, in un rinomato negozio di oggettistica nel borgo antico di Montechiarugolo, in provincia di Parma. Il negozio si trova a due passi dal suggestivo e maestoso castello e io, tutte le mattine, mi sveglio nel mio piccolo appartamento di campagna e raggiungo il lavoro in bicicletta, pedalando fra alberi e prati in quella scenografica cornice. Ora, alla soglia dei trent’anni, mi sento una ragazza serena e profondamente soddisfatta. Non ho davvero null’altro che potrei desiderare.

 

O forse qualcosa c’è.

 

Un ragazzo, per esempio. Bello come il sole, dolce come piace a me. Sincero, onesto, leale. La forma umana di un barboncino, mi ripete spesso Ilenia. Battuta infelice, ma ci ha preso in pieno. Ecco perché la mia amica e io siamo andate in vacanza in Spagna, quest’estate. Per rilassarci al sole, per trovare l’amore. Con le nostre abbronzature da Caraibi e il fascino tipicamente italiano abbiamo collezionato una cifra non indifferente di spasimanti. Ilenia, tanto per restare fedele al suo personaggio di femme fatale, ha flirtato con il più bello dei suoi ammiratori mentre io ho concluso la vacanza con un nulla di fatto. Il motivo? Nessuno è stato in grado di smuovere i miei ormoni, nessuno mi ha fatto provare il famigerato guizzo, o un’emozione nel cuore. Nessuno è riuscito a risvegliare la mia voglia di amare e essere riamata, anche se per una notte soltanto. A conti fatti, dunque, è da un anno e mezzo che non ho un ragazzo. Un anno e mezzo senza più passeggiate mano nella mano, senza weekend romantici al mare o in montagna, senza baci appassionati, senza coccole e carezze. Senza sesso.

 

Ilenia sa quanto mi pesi questa castità forzata e si arrabbia spesso con me. Dice che dovrei smetterla di essere troppo selettiva, che ci sono ragazzi belli ovunque e che se non riesco a captarli con il mio radar è solo perché mi sono messa le fette di prosciutto sugli occhi, dopo la fine della mia ultima storia. Ma la mia amica si sbaglia. Il mio radar è più attivo che mai, solo che non riesce a individuare l’uomo giusto, quello capace di farmi perdere la testa. Per un’ora, o magari per tutta la vita. Eppure so che esiste, da qualche parte nel mondo. Sono andata fino in Spagna a cercarlo, ma lui ha ben pensato di non farsi trovare neppure lì. Nella città in cui vivo ho abbandonato ogni speranza; i ragazzi in visita al castello sono sempre accompagnati dalle rispettive fidanzate e con quelli single e felici non andrei a prenderci nemmeno un caffè, tanto sono insignificanti e immaturi. Meglio cercare un Autogrill in cui raffreddare i miei bollenti spiriti…

 

 «Tra quattro chilometri c’è un’area di sosta attrezzata» sento Ilenia dirmi, come se avesse letto i miei pensieri. «Ti va bene lo stesso?»

 

 «Sì, mi va bene lo stesso» rispondo, giocherellando con il pupazzetto appeso allo specchietto retrovisore.

 

 «Che cos’hai, Jess?» mi chiede la mia amica, rivolgendomi uno sguardo preoccupato.

 

 «Niente, pensavo» le spiego distratta.

 

 «E a cosa pensavi di preciso?»

 

 «Al fatto che in Spagna non abbia concluso un bel nulla. Non ci sono più uomini per me, in questa terra infelice. Forse dovrei migrare su Saturno.»

 

 «Non c’è bisogno di trasferirsi su un altro pianeta per trovare un uomo. Devi aprire gli occhi, guardarti in giro di continuo e smetterla di fare la snob. Te l’ho ripetuto almeno mille volte.»

 

 «Ecco l’area di sosta» cambio argomento per non sentirmi in difetto, indicandola con il dito. «È arrivato il momento di darsi una rinfrescata!»

 

Ilenia sterza subito in quella direzione. Scendiamo dalla macchina, e inspiriamo a pieni polmoni l’aria. Non c’è nessun altro, a parte noi, solo una macchina parcheggiata un centinaio di metri più in là. Sfilo dalla borsa le mie salviette profumate e mi precipito in bagno. La mia pelle accaldata si rigenera, finalmente torna a respirare. È fine agosto e c’è ancora un’afa pazzesca.

 

«Ile, tutto ok?» chiedo, uscendo dalla toilette una decina di minuti più tardi. Lei, con mia grande sorpresa, è seduta su un tavolo da pic-nic poco distante e sta parlando con due ragazzi. «Oh, ma non perde proprio tempo quella lì» mi sfugge sottovoce, mentre mi avvicino. Sentendomi borbottare, la mia amica si volta a guardarmi con uno strano sorriso sul volto.

 

 «Eccoti qui, tesoro» dice, allungando un braccio nella mia direzione.

 

Sollevo le palpebre e vedo i due tipi sorridermi. Uno di loro, quello con i capelli tra il biondo e il castano e due occhi color nocciola dal taglio pazzesco, fissa lo sguardo nel mio e mi fulmina con una sola occhiata, facendomi sobbalzare. Le salviette profumate che stringevo tra le dita si riversano a terra, costringendomi ad abbassarmi per raccoglierle. Di nuovo in posizione eretta, incontro per la seconda il suo sguardo e sento i brividi rincorrersi sulla schiena.

 

 «Tutto bene, cara?» domanda Ilenia.

 

 «Certo, sì, tutto bene… perché me lo chiedi?» rispondo imbarazzata.

 

 «Stavo chiacchierando con questi due ragazzi, tornano anche loro dalle vacanze ma loro sono stati a… non me lo ricordo già più!» ride, voltandosi a guardarli.

 

Il ragazzo moro le sorride di rimando mentre l’altro, il biondino, continua a fissare me con ostinazione.

 

Oh-mio-dio.

 

Il fuoco che ero riuscita a spegnere grazie alle salviette rinfrescanti si riaccende di colpo, devastandomi con la sua furia. Quello sguardo… quei capelli… quegli occhi color nocciola…

 

Scuoto la testa nel disperato tentativo di contenere il pensiero poco ortodosso che mi è appena balenato nella mente, ma la sua insistenza nel fissarmi intensifica l’effetto devastazione e il battito del mio cuore impazzito diventa ancora più martellante, pulsando quasi in gola.

 

Ilenia, che ha captato il mio turbamento per lo sconosciuto, mi rivolge un sorrisino eloquente e, con molta nonchalance, si rivolge al ragazzo moro: «Senti, non è che potresti aiutarmi a dare una controllata al livello dell’olio della macchina?» gli chiede, sbattendo più volte le ciglia a mo’ di civetta. «E magari anche l’acqua… sai, io non sono pratica di queste cose mentre voi uomini siete un portento!» gli dice con il preciso intento di lasciarmi sola con l’oggetto del mio interesse.

 

 «Volentieri» le risponde il ragazzo, e si allontana con lei.

 

Il mio sguardo torna per un breve istante al biondino. Mi sta ancora fissando, le sue labbra sono piegate in un lieve ma percettibile sorriso.

 

  «Allora, piaciuta la Spagna?» mi chiede d’un tratto, entrandomi dentro con gli occhi.

 

 «Ah... sì… moltissimo…» rispondo rossa in volto, le palpebre abbassate.

 

 «Noi siamo stati a Toulon, non so se la conosci.»

 

 «Dovrebbe essere in Francia, giusto?» sentenzio con voce tremante.

 

 «Giustissimo.»

 

Sollevo di nuovo le palpebre, ora sta sorridendo anche lui.

 

Dio, quant’è bello.

 

Questa volta lo sguardo resta incollato al suo. Lui è dentro di me, io dentro di lui, come se una maga prodigiosa ci avesse costretto a bere una pozione d’amore impedendo ai nostri occhi di rivolgersi altrove. Sono incatenata a quelle iridi che risplendono di luce, all’aura di sensualità che lo avvolge, a quei capelli luminosi e sottili che volteggiano nell’aria, ricadendogli spettinati sulla fronte. L’ho cercato ovunque, in Spagna. Possibile che lo abbia trovato proprio qui, in un’area di sosta qualunque di Ventimiglia? Ho davvero incontrato Lui, il ragazzo capace di rubare le chiavi del mio cuore?

 

Con molta naturalezza, con un gesto più che eloquente, lascio cadere le salviette a terra. Non mi abbasso a raccoglierle, lo fa lui al posto mio. Quando poco dopo si rialza, la distanza tra noi si è ridotta a un solo passo. Sento il suo corpo vicino al mio e riprendo a tremare.

 

 «Grazie» mormoro con un filo di voce.

 

Su quelle labbra incantevoli si dipinge un meraviglioso sorriso. L’aria calda dell’estate aumenta la mia temperatura interna. Inizio a sudare. A scalpitare. A desiderare lui.

 

Guidata da un istinto quasi primitivo, la mia mano destra si solleva a toccargli quelle labbra, gliele sfiora con delicatezza. È stato lui a provocarmi, mi dico con convinzione. Ha iniziato lui questo gioco. Mi ha guardato con insistenza sin dal primo istante in cui ha incrociato i miei occhi, non pretenderà forse che mi tiri indietro, ora. Perché io non ho alcuna intenzione di farlo.

 

È solo questione di un attimo. Con una sensualità inaspettata, lo attiro al mio petto. Lui sembra quasi turbato mentre, imperterrito, continua a tenere lo sguardo fisso nel mio.

 

 «Ne ho un bisogno infinito. E voglio che sia con te» gli dico, il tono di voce più caldo. Per una frazione di secondo, le sue ciglia si inarcano in un’espressione di sconcerto. Poi, la fronte increspata si rilassa, nei suoi occhi appare uno scintillio. «So che ti sembrerà una richiesta assurda, non sai niente di me e io non so nulla di te, ma è davvero un bisogno, un’esigenza che non riesco più a contenere... è da troppo tempo che non ho un ragazzo, non so neanche più cosa significhi fare l’amore con qualcuno e… sto straparlando, me ne rendo conto… ma tu non prendermi per pazza, perché non lo sono. Ho solo questo bisogno, te l’ho detto. Non so neanche perché lo stia chiedendo proprio a uno sconosciuto… non lo so, non so nulla, in questo momento. So solo che vorrei che fosse con te e basta.»

 

Sollevo lo sguardo rimasto incollato al pavimento, le mie mani stanno stringendo il colletto della sua t-shirt. Lui tace, ma intanto sorride. In totale silenzio, mi sta comunicando che lo desidera quanto me. Lo percepisco con chiarezza e ogni dubbio si scioglie quando sento il suo petto premere contro il mio e in un attimo mi ritrovo contro la parete, e sento le sue labbra baciarmi il collo, le sue mani infilarsi sotto il mio vestito. Gli slip scivolano verso il basso, mi sfugge un gemito.

 

 «Sbrigati, ti prego» gli dico a occhi chiusi, slacciandogli la cintura degli shorts. Con le braccia mi afferra le gambe, le solleva da terra e le stringe intorno ai suoi fianchi. Non ho più il coraggio di guardarlo in faccia, adesso. Strizzo forte le palpebre e aspetto trepidante quel momento. Che arriva in un attimo, senza quasi rendermene conto. Mentre affonda dentro di me, gli cingo il collo con le braccia, soffoco a malapena i gemiti, sento il suo respiro affannato, sento il mio respiro mozzato, sento il vento caldo dell’estate, i brividi sulla pelle, sento tutto quello che c’è da sentire, e mi lascio andare. Raggiungo il paradiso in pochi secondi. Lo raggiunge anche lui, un attimo dopo di me. Quasi all’unisono, in un’incredibile e meravigliosa sintonia. La sua stretta si allenta, le mie gambe toccano di nuovo il pavimento, gli occhi restano ancora chiusi a bearsi delle sensazioni provate. Percepisco il calore della sua mano sulla mia guancia, so che mi sta guardando ma io non voglio ancora tornare alla realtà, non ne sarei capace. Lentamente, poco alla volta, i nostri respiri riprendono il ritmo regolare, i cuori placano la loro furia. Le porte del paradiso si richiudono, sono catapultata di nuovo sul pianeta Terra. Socchiudo un poco gli occhi e vedo il suo volto impensierito. Sta fissando il vuoto, un’ombra gli oscura il bel viso. Faccio un piccolo balzo all’indietro. Mio dio, cos’ho combinato!

 

Sfuggendo al mio controllo, le mani si sollevano a stringere la testa. Un attimo dopo mi accascio sul prato. Ho davvero fatto quella cosa lì con uno sconosciuto? Appoggiata al muro di un bagno in un’area di sosta, con i vestiti indosso, senza sapere chi sia, dove abiti, quanti anni abbia o almeno come si chiami?  La risposta alla mia domanda deflagra dal petto e rimbomba dritta, dritta nella testa. , dice la mia coscienza, fattene una ragione perché è successo davvero. Mi sfugge un singhiozzo, e ha inizio la tragedia.

 

 «Hei ma… perché stai piangendo?» sento il ragazzo chiedermi. Nel tono della sua voce percepisco indecisione, paura, costernazione. «Dimmi qualcosa, per favore» insiste ancora.

 

L’intensità delle mie lacrime aumenta, piango con la testa nascosta fra le ginocchia e il trambusto nell’animo. Per un breve istante sfioro il suo sguardo; ora è in ginocchio davanti a me, mi sta osservando con il volto terrorizzato. Dov’è finita la luce nei suoi occhi?

 

 «Cazzo, ho tradito la mia ragazza…» proclama un secondo dopo, portandosi le mani alla testa.

 

Orrore, senso di colpa, vergogna. Ecco cosa provo mentre le sue parole mi trafiggono con la stessa brutalità di una scarica di proiettili. La testa ricade verso il basso, le lacrime mi travolgono come un fiume in piena.

 

 «Ti prego, non fare così, altrimenti rischio di sentirmi ancora più schifoso di quanto già non lo sia» mi rivela il ragazzo, la voce tremante. «Mi dici almeno il tuo nome, per favore?»

 

Neanche sotto tortura, risponde in silenzio la mia coscienza.

 

A questo punto non mi resta molto da fare per tirarmi fuori da questa assurda situazione: darmi alla fuga, scappare via, non lasciare alcuna traccia di me. Balzo in piedi di scatto e, proprio in questo istante, sento la risata di Ilenia in lontananza.

 

Eccola, la mia ancora di salvezza.

 

Sto per correre verso di lei, quando avverto la mano del ragazzo stringermi forte un polso e attirarmi a sé. Mi volto a guardarlo. Sta soffrendo anche lui, lo intuisco con chiarezza. Per un motivo ben diverso dal mio, ma sta male almeno quanto me.

 

 «Non puoi andartene così» mi dice, un’espressione afflitta sul volto.

 

 «Lasciami!» urlo, divincolandomi.

 

Quando pronuncio l‘ultima sillaba sono già lontana da lui. Ilenia, che mi stava venendo incontro con il ragazzo moro accanto, spalanca gli occhi e mi guarda attonita.

 

 «Cos’è successo?» chiede preoccupata.

 

 «Andiamo via, portami via…!» le dico piangendo.

 

 «Oh, ma… cosa ti ha fatto quello stronzo?»

 

 «Non mi ha fatto nulla, voglio solo andarmene, andiamocene via!» urlo sconvolta.

 

La strattono per un braccio e la costringo a raggiungere la nostra macchina correndo. Ci catapultiamo al suo interno, Ilenia accende il motore e allunga una mano verso di me nel gesto di accarezzarmi i capelli.

 

 «Jessica, dimmi cosa diavolo è successo. Non puoi farmi stare in pena in questo modo assurdo!»

 

 «Scappiamo da questo posto e ti racconto tutto» le prometto concitata.

 

La mia amica pigia l’acceleratore e raggiunge l’autostrada in pochi istanti. D’istinto mi volto indietro, il ragazzo sta cercando di raggiungerci correndo. Dal finestrino abbassato lo sento mentre ci intima di fermarci.

 

Mai e poi mai, caro mio. Noi due non abbiamo più nulla da spartire.

 

Addio per sempre, ragazzo dagli occhi color nocciola.